luglio 18th, 2008 by Ivana
Vespa Piaggio, il mito che non tramonta mai. Un prodotto che ha rivoluzionato l’Italia degli anni ’50, i modi di vivere e di pensare i traporti.
Nacque dal rapporto sinergico tra Enrico Piaggio e Corradino D’Ascanio, un ingegnere aeronautico nonchè geniale inventore, quando in Italia si rimuovevano ancora le macerie della guerra e la benzina arrivava di tanto in tanto dall’America ed era razionata come il pane e le sigarette. Fu proprio in quel periodo che D’ascanio e Piaggio decisero di far muovere l’Italia su due ruote e mai intuizione è stata così vincente!
Il successo della Vespa fu un boom da tutti i punti di vista. Finanche il cinema subì il suo tremendo fascino, basti pensare ad alcuni film come “Vacanze Romane“, “American Graffiti“, “Il talento di MR.Reply“, “La carica dei 101” o “Caro Diario” (solo per citarne alcuni).
La Vespa, l’”orgoglio della modestia” italiana, con il suo design morbido e sinuoso ha in poco tempo invaso il mercato nazionale battendo sui numeri e sul consenso del pubblico la “rivale” Lambretta di Cesare Pallavicino (quella dell’Italia più snob del “lusso necessario“) dal design più schematico e discontinuo rispetto allo scooter disegnato da D’Ascanio, del quale lo stesso Enrico Piaggio disse “Sembra una vespa con quel sedere a bulbo!” .
Quella che da molti veniva considerato un “trabiccolo” destinato a durare pochi anni, ben presto entrò nel cuore di tutti gli italiani. Il buon umore italiano ritornava il sella, con una nuova possibilità di liberarsi dalla routine e dalle giornate ripetitive; il mezzo per non iniziare la giornata di lavoro con l’umiliazione del treno operaio o del tram che ti passa avanti completo.
Era anche il principio di un nuovo rapporto tra i due sessi: alcuni giornalisti hanno scritto: “trovi un pezzo di strada sconnessa e la ragazza ti si stringe addosso per un senso si conservazione. Uno spasso“. Ma la Vespa rappresentò molto di più, fu anche una molla per l’emancipazione della donna per sganciarsi dagli schemi casa-e-bottega.
La never ending story della Vespa, una storia che non ha visto crisi, 62anni di vita, 145 modelli e più di 17milioni di pezzi venduti in tutto il mondo!! Continua »
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luglio 8th, 2008 by Ivana
Si chiama SbrodoliNo ed è il nuovo cono gelato ideale per chi si…sbrodola sempre col gelato!
Estate, tempo di mare, di grandi bevute di acqua e di tanti gelati rinfrescanti! Proprio ieri mi sono gustata un bel gelatino e, sempre ieri, ho sporcato il mio jeans con una bella macchia di gelato e subito mi sono ricordata di SbrodoliNO. Se la mia gelateria l’avesse avuto, probabilmente il mio jeansetto sarebbe ancora pulito!
SbrodoliNo infatti è uno di quei progetti per il food-design che ti semplificano la vita e ti fanno godere il gelato, senza mani appiccicose o, ahimè, vestiti sporchi. Al tradizionale cono gelato, infatti, è stata aggiunta una semplice spirale, commestibile ovviamente, che raccoglie le temibili goccioline di gelato sciolto. Una seconda cialda che non lede l’immagine del cono, diventata ormai quasi un’icona, ma che ne avvolge la silhouette enfatizzandola con questa spirale che guarda verso l’alto.
Una comoda spirale che raccoglie il gelato “killer” e lo accompagna all’interno del cono stesso coniugando perfettamente gusto e praticità. L’idea è dello studio Ghigos (Davide Crippa, Barbara di Prete, Manolo Lochis e Francesco Tosi) e si è anche aggiudicato il premio fooddesign 3 ed è stato esposto al Salone del Gusto di Torino (2004).
Aspetto di vederla anche nelle mie gelaterie. Intanto la possiamo commentare… Le foto Continua »
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luglio 7th, 2008 by Ivana
Arrivano i vincitori del concorso Nastro Azzurro Unbeerlievable! Tra i 33 finalisti il primo premio è stato assegnato a Roberto Botta e la sua scaletta dall’inconfondibile silhouette della birra Nastro Azzurro.
Musa ispiratrice e motore di tutto il concorso è lei: la bottiglia da 33 cl. Una linea inconfondibile che cambia forma e funzione sotto le matite impazzite degli oltre 1500 iscritti al concorso. Idee stravaganti, alcune improponibili, altre bizzarre, altre ancora ironiche o giocose. Più di 850 progetti presentati, ispirati alla bottiglia di birra più famosa in italia, che hanno assunto più volte tematiche sociali ed ecologiche.
Roberto Botta si aggiudica i 10.000€ previsti per il primo classificato con il suo progetto QuaterBasei. All’apparenza una semplice silhouette della bottiglia di birra che, una volta aperta si trasforma in una scaletta con quattro gradini.
I Premi della Giuria (2.500€) vanno al progetto BeFreez di Jean Claude Chiementin come Miglior Progetto di Innovazione Tecnologica e ad Ecopanchina, di Rafael Vinader, che si aggiudica il premio per il Miglior Riutilizzo della Bottiglia.
Onestamente nella gallery ho trovato molti progetti interessanti e più provocatori. Tra i tanti quelli che più mi sono piaciuti sono: Drink Different, Ribbon Mushroom, Nastro da Mare, Birrardino o Set Stappagusto. Altri pazzeschi come Slurp, Dormici su, Birra di Rubik…. Vedeteli tutti perchè alcuni sono veramente al limite del surreale. Lascio a voi la classifica;)
Per gli interessati, a Torino dall’8 al 12 Luglio presso il Circolo Canottieri Esperia, saranno esposti tutti i 33 progetti finalisti. Alcune immagini Continua »
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giugno 9th, 2008 by Ivana
Ron Arad disegna Lovely Rita, la mensola libera e sinuosa.
Sembra quasi modellata da un soffio di vento la mensola Lovely Rita. Il design così fluido e organico la rendono particolarmente attraente e sinuosa, caratteristiche comuni a molti oggetti di casa Kartell.
Un marchio sinonimo di qualità e, ovviamente, di design italiano. Kartell è leader in Italia e all’estero per l’arredamento Made in Italy, con i suoi 59 anni di storia magistralmente raccontati attraverso tutti i suoi prodotti che esprimono il linguaggio e l’atmosfera del periodo in cui sono nati ma, allo stesso tempo, sono degli oggetti contemporanei che portano con sè molti altri valori e messaggi. Tutto questo li ha resi parte integrante del nostro paesaggio domestico.
Lovely Rita è una mensola modulare, caratterizzata da tanti piccoli elementi -2 moduli di base per sei differenti colori- tali che a seconda di come vengono disposti alla parete, si possono creare mensole di dimensioni e forme mutevoli e ampliabili all’infinito (parete e soldi permettendo). E’ l’ideale per libri e piccoli oggetti o per decorare una parete con un tocco di design.
Bella è bella, senza dubbio, ma ricorda un po’ troppo la versione movimentata della più famosa BookWorm, realizzata sempre per Kartell e sempre da Ron Arad. Forse era a corto di idee? Di certo tra BookWorm e Lovely Rita passano solo tre anni (1993 e 1996) forse il nostro amico Arad voleva solo modificarla un po’.. si sa, non si è mai soddisfatti al 100% delle proprie opere. Siamo clementi almeno questa volta? Immagini Continua »
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maggio 22nd, 2008 by Ivana
Se fosse ancora vivo Bruno Munari probabilmente definirebbe Makio Hasuike un VERO designer: una figura importante che “sa scegliere i materiali più adatti, le tecnologie più giuste, che sa tener conto delle componenti psicologiche, del costo e di ogni funzione(…)”. Un progettista autentico, attento ai bisogni degli utenti e alla funzionalità dei propri prodotti. Questo è senza dubbio Makio Hasuike, considerato da molti uno dei designer più interessanti delle produzioni italiane.
Italiano di adozione dal 1964 (nasce a Tokio nel 1938) fa della sperimentazione la sua principale attività progettuale. Prodotti funzionali caratterizzati sempre da un’estetica semplice ma raffinata. Molti dei suoi prodotti, sebbene ideati più di 20 anni fa, continuano ad avere un appeal contemporaneo e seducente.
Prendo in esempio alcuni oggetti pensati per architetti, designer, grafici e studenti: Croma -1982-, Piuma -1983-, Impronta -1985- e Zoom -1986- (solo per citarne alcuni). Sicuramente sono oggetti conosciuti da tutti, magari utilizzati quotidianamente. Nascono tutti dalla ricerca dei nuovi materiali, dalle caratteristiche fisiche, meccaniche ed estetiche di questi ultimi. Piuma ne è un esempio. La cartellina più copiata al mondo che ha rivoluzionato l’idea della tradizionale cartelletta in cartone. Il nuovo materiale (polipropilene) non solo non faceva sgualcire i progetti ma li custodiva e li proteggeva anche in caso di pioggia. Stesso discorso vale anche per Zoom, anche se a questo si aggiunge una nuova configurazione per il trasporto (a spalla) Continua »
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maggio 20th, 2008 by Ivana
—AGGIORNAMENTO COMUNICATO—
E’ passato il tempo di quando i giovani designer (allora si chiamavano “stilisti”, parola che poi ha preso un altro significato) sognavano di lavorare per i grandi carrozzieri e di vestire le
più prestigiose auto e moto Made in Italy.
Ora, complice il fatto spesso dimenticato che la nautica italiana cresce del 20 per cento l’anno e del 30 per cento se si considerano solo le esportazioni, sembra che il sogno abbia perso le ruote per guadagnare chiglie, vele ed eliche. Così, il Master in Yacht Design (MYD) del Politecnico di Milano ogni anno ha il quadruplo di richieste di ammissione rispetto ai posti disponibili, spesso da parte di laureati che già lavorano presso studi di progettazione nautica, solo uno dei molti servizi che l’Ateneo può mettere a disposizione delle aziende, come spiegherà la Professoressa Silvia Piardi del
Politecnico nel corso del suo intervento a “Terra, Acqua, Aria & Design” il prossimo 16 giugno a Milano.
Del resto, si tratta di un mercato molto competitivo, anche nei settori come quelli dei superyacht dove l’Italia è leader mondiale per numero di progetti costruiti, prima degli Stati Uniti, dove le posizioni di testa guadagnate dai cantieri devono essere sostenute dalla formazione di “teste” all’altezza della situazione. Anche perché si fa presto a spostare la produzione in Paesi a basso costo della manodopera (Turchia, Cina, Corea) e se non si è creata intelligenza, la forza del Made in Italy può svanire presto.
Per ora, il vento soffia in poppa a piena forza nelle vele del design nautico, e provoca inaspettati effetti. Mentre infatti ancora una ventina di anni fa il mondo automobilistico influenzava il design nautico (le cabine di guida “stile auto” dei motoscafi da diporto, per esempio), ora il rapporto si sta ribaltando Continua »
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maggio 15th, 2008 by Ivana
Chi non conosce la colla Coccoina?Una storia fantastica di packaging, advertising e design.
Dolce profumo di mandorla e packaging accattivante (almeno per l’epoca, oggi lo possiamo considerare un vero e proprio pezzo di storia). Dal 1927 la colla coccoina ha mantenuto la sua confezione praticamente invariata; ad oggi la possiamo ancora trovare tra gli scaffali delle cartolerie che fa bella mostra di sé, con il suo barattolino color argento e il logo in blu-violetto che si srotola lungo tutto il barattolino.
Un packaging seducente che evocava, più che un prodotto da ufficio, un vero e proprio prodotto di bellezza, promosso come tale anche dai manifesti pubblicitari dell’epoca. Molto più di una colla, la coccoina trasmetteva stile e modernità, con un packaging-design bello e di grande semplicità. Più di settanta anni di storia veicolati da un prodotto semplice, sostenibile e atossico: la coccoina è infatti prodotta a base di amido di patate sciolto in acqua; un’aggiunta di olio di mandorla le regala il classico profumo delicato che immagino in molti ricordate (per me è il classico odore “di quando ero bambina”, che mi fa affiorare una valanga di ricordi).
Simbolo dell’Italia dei primi anni ’20, la Coccoina fu prodotta da Balma, Capoduri & Co. diventando da subito la colla per antonomasia.
Coccoina significa anche funzionalità. Immagino che a tutti sia capitato almeno una volta di utilizzarla. Una volta svitato il coperchio è possibile individuare il piccolo vano circolare, nel quale è presente il pennellino per stendere il prodotto, attorno al quale si sviluppava tutto il vano che conteneva la colla.
Colla Coccoina, un’icona di storia e di design per piccoli e meno piccoli, nostalgici e nuovi ammiratori.
Qui si seguito alcune immagini dei celebri manifesti pubblicitari… Corriamo a ricomprarla?? Continua »
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maggio 2nd, 2008 by Ivana
E’ la filosofia giapponese quella che si respira nello spazio Guzzini alla Triennale di Milano in occasione del Salone del Mobile 2008. Multimaterialità, innovazione e design le caratteristiche principali.
Il progetto Multipli di cibo Food Design Made in Japan realizzato da Guzzini dialoga con le culture orientali. Grandi maestri e designer emergenti individuano nuovi percorsi nel rapporto tra forma e funzione nelle quattro fasi fondamentali per la preparazione del cibo: preparazione, servizio, consumo e conservazione.
Lo stile giapponese, razionale ed essenziale, si manifesta in tutto il suo fascino nei più di 36 progetti e prototipi esposti da altrettanti designer. Un nuovo stile, quello giapponese, che diventa sempre più realtà anche nella cultura occidentale delineando un nuovo atteggiamento alimentare contemporaneo denominato fusion.
Per chi adora la cucina orientale, sicuramente una mostra da non perdere. Tra i progetti di food design esposti ve ne propongo quattro: Kasane, Onighirini, Bamboo Tea Set e Bis.
Inizio proprio da Bis, un progetto realizzato Makio Hasuike. Ottimo per i party in piedi e per i momenti di relax, come lo stesso Hasuike suggerisce. Bis unisce la bellezza alla funzionalità, può essere mantenuto con una sola mano (reggendo la tazza) consumando il nostro pasto o stuzzichino aiutati dalla forchetta-cucchiaio progettata per essere efficiente e confortevole.
Kasane è un progetto dal sapore molto più orientale. Una “tovaglietta” multifunzione progettata dalla designer Mizuki Yamakawa. Kasane può essere utilizzato sia come una vera e propria tovaglietta all’americana, sia come un vassoietto per i party in piedi. Le particolari venature infatti, irrigidiscono per forma la tovaglietta che, una volta piegata su un lato, permette di inserire un bicchiere e le bacchette negli appositi alloggi sagomati e di avere un piccolo piano sul quale appoggiare il cibo e consumarlo Continua »
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aprile 23rd, 2008 by Cremino
Fabio Novembre è oggi, sicuramente, uno dei talenti più originali e sorprendenti della nuova generazione del design italiano ed internazionale.
41 anni, leccese, milanese d’adozione dai tempi dell’università. E’ uno dei giovani designer-architetti più noti al livello internazionale perché sa essere carismatico, imprevedibile e abile nel firmare progetti per negozi (splendido quello di Roma), alberghi e locali ma anche divani, tavoli e oggetti che spiazzano e aprono nuovi orizzonti.
La potenza visionaria degli interni e degli oggetti disegnati da Novembre negli ultimi 15 anni (capita a pochi di avere una retrospettiva a soli 41 anni), la dimensione sartoriale con cui costruisce gli spazi piegando la materia verso condizioni e qualità inaspettate, la capacità di pensare al design come una realtà diversa, inquinata positivamente da discipline apparentemente lontane come musica, cinema, l’arte contemporanea e la moda, propongono un modo inaspettato di pensare il progetto oggi.
La sua storia è una sorta di naturale evoluzione che supera la generazione “dei padri” nobili del design italiano, insieme è uno scarto improvviso che apre scenari da percorrere per il prossimo futuro e l’avvento di un sicuro protagonista di una nuova generazione di creativi italiani Continua »
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marzo 27th, 2008 by Ivana
Riqualificazione urbana con un tocco di stile. Nembro si arricchisce di una nuova interessante biblioteca.
Mille “libri” dalle molteplici funzioni impreziosiscono l’esterno di questa particolarissima biblioteca. Archea Associati di Firenze ha “sfornato” questa stravagante architettura che declina sapientemente storia, design, arte, cultura e sostenibilità.
La biblioteca dei libri di terracotta sorge, come detto, a Nembri in provincia di Bergamo. Punto di partenza un vecchio edificio scolastico dei primi del Novecento da riqualificare, ampliare e rivalorizzare. L’idea in sè è semplice ma di forte impatto. All’edificio storico se ne affianca uno, di architettura contemporanea, realizato in ferro e vetro, rivestito di particolari libri: una pelle che rimanda subito alla funzione nobile dell’edificio. I tomi, realizzati in un particolare tipo di terracotta, sono particolarmente interessanti non solo per un mero fattore estetico.
Sono infatti estremamente affascinanti perchè al sole cambiano colore. Questo grazie alla particolare verniciatura che riflette in maniera dinamica i raggi di sole, creando un effetto vibrante trasformando l’edificio in un “corpo in movimento“.
Ma non è tutto. I “libri”, infilati su particolari tondini metallici, funzionano anche come particolari sistemi frangisole. Un sistema interessante di filtraggio della luce solare (e radiazione termica) che regala, all’interno dell’edificio, suggestivi sistemi di illuminazione soffusa e naturale, ideale per la lettura.
La connessione tra i due edifici avviene tramite un passaggio sotterraneo. Passato e presente dialogano, in un continuo rapporto osmotico. Il progetto mi piace molto, ma l’accostamento così ravvicinato con il vecchio edificio mi lascia un po’ di dubbi. Forse stride un po’. Voi che ne pensate? Altre foto Continua »
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