agosto 25th, 2008 by Ivana
Un nuovo dispositivo piccolo e maneggevole adatto a chi, purtroppo, non puo’ leggere. Facile da usare ed immediato, Voice Stick legge e “parla”.
Sempre più spesso cito oggetti di social design: una nuova dimensione del design che non crea solo oggetti belli ma, soprattutto, oggetti utili e anche esteticamente gradevoli. Ne abbiamo visti tanti: Bedu il bidone per le emergenze o le stampelle di Yong Rok Kim solo per citarne un paio. (Gli altri sono tutti nella categoria Social Design)
Oggi parliamo di Voice Stick creato da Sungwoo Park, un designer frizzante di cui abbiamo già parlato su A+D prima con Eazzzy la minifotocamera USB e poi con Rolling Bench la panchina sempre asciutta.
Voice Stick possiamo definirlo come un piccolo scanner progettato per le persone colpite da cecità o con problemi alla vista. Utilizzarlo è semplicissimo: basta disporlo su una pagina di un libro (o di un bigliettino da visita, un opuscolo…) e, grazie ai comandi in braille, è possibile avviare la scansione del testo. Attraverso un sintetizzatore il fruitore potrà poi ascoltare il testo direttamente da Voice Stick.
Per evitare di disturbare altre persone, se ci si trova in una biblioteca per esempio, è possibile utilizzare degli auricolari grazie all’uscita posta all’estremità di Voice Stick. Un nuovo sistema che permetterà a tutti di ampliare sempre più le proprie conoscenze e di superare i libri in braille (non sempre facilmente reperibili e disponibili per tutti i titoli). Lo trovo un bel progetto. Critiche? Tutte le foto Continua »
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luglio 15th, 2008 by Ivana
Cosa fare di tutta l’energia cinetica creata da chi suda ore ed ore in palestra? Semplice, utilizzarla per muovere un nuovo sistema di trasporto marittimo. E’ River Gym la palestra-galleggiante alimentata con energia umana.
Dopo la discoteca sostenibile di Rotterdam, che si alimenta con il ballo delle persone, la metropolitana ecologica di Londra che si alimenta con il calpestio dei viaggiatori e la palestra sostenibile della California arriva un nuovo progetto, questa volta da Manhattan.
Come coniugare sport, trasporti ed energia pulita? River Gym ci dà una risposta. E’ una palestra galleggiante, alimentata da un bel gruppo di sportivi pronti a soddisfare la voglia di sport e che, allo stesso tempo, alimentano anche un nuovo sistema di trasporto sostenibile.
L’idea è venuta all’architetto Mitchel Joachim e al personal trainer Douglas Joachim (probabilmente due fratelli). Ovviamente parliamo ancora di un concept, di un’ipotesi per recuperare ed utilizzare energia cinetica. L’idea ha qualche falla. Non possiamo pensare a questi sportivi come dei cricetini che alimentano la barchetta (magari li frustiamo pure se si fermano perchè sono stanchi!); bisognerebbe avere sempre persone in movimento per garantire il servizio, far lavorare moltissimi sportivi per trasportare diverse persone… insomma, tanti punti possono mettere in crisi il concept.
E’ pur vero che questa energia in qualche modo dovremmo riutilizzarla. L’importante è iniziare a fare qualche proposta. Qualcuno ha qualche idea a riguardo?
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luglio 14th, 2008 by Ivana
Le abitazioni del 2020. Off the Grid: organismi che dialogano con l’ambiente dal quale traggono acqua, aria, luce e calore. Un nuovo concetto di casa ecosostenibile e futuribile (tutte le foto a fine articolo).
Dopo gli elettro-tatuaggi e gli accessori sensibili e lumalive, è sempre la Philips a proporci un altro progetto, questa volta destinato alle abitazioni. Senza dubbio più utile dei precedenti e più attento alle problematiche ambientali contemporanee e future.
Si chiamano Off The Grid, Sustainable Habitat 2020, e sono le nuove bio-architetture progettate dalla PHILIPS. Ogni palazzo è progettato con una “pelle” particolare che, proprio come un essere vivente, reagisce e interagisce con l’ambiente, recupera le acque piovane, immagazzina calore, scherma o lascia passare tutta la luce che desideriamo, recupera energia pulita…
Le nuove architetture Off the Grid hanno un aspetto leggero alla vista e si integrano perfettamente all’ambiente circostante. La struttura esterna è formata da “pelli sensibili” capaci di mutare le proprie caratteristiche fisiche e regolare diversi aspetti come luce, aria, acqua ed energia. Vediamo come. Continua »
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luglio 2nd, 2008 by Ivana
Verterra: qualità, design sostenibile e sociale. Una società americana da prendere come modello. Scopriamo perchè.
Una mission ecosostenibile da tutti i punti di vista. Verterra controlla il ciclo di vita dei propri prodotti dall’inizio alla fine. Durate il processo di lavorazione nessun albero viene tagliato, nessun elemento chimico o tossico viene aggiunto ai prodotti, niente colle, niente lacche nè solventi, nessuna vernice. Varterra è un prodotto sostenibile al 100%.
Verterra è anche design sociale. Nelle sedi del sud Asia che partecipano alla produzione dei prodotti Verterra, a tutti i lavoratori viene garantito un giusto salario, tutte le spese mediche sono coperte e i luoghi di lavoro destinati agli operai sono progettati per essere sicuri e confortevoli.
I prodotti Verterra, per lo più piatti e vassoi, hanno un design elegante e versatile e sono portatori di un messaggio sostenibile estremamente intenso. Questi prodotti sono realizzati con le foglie secche degli alberi (quelle che solitamente vengono accantonate ai bordi della strada per essere poi bruciate). Verterra trasforma questi materiali di “scarto” in materie prime per oggetti dall’elevato valore estetico e sostenibile.
Sono prodotti che si biodegradano in due mesi che possono essere riposti in frigo, utilizzati nei forni a microonde e nei forni (su questo ho qualche perplessità, ma è una cosa che garantiscono..). Per la produzione di questi prodotti viene utilizzato solo vapore e una pressa per comprimere al meglio tutte le foglie (sterilizzate precedentempente attraverso raggi UV). L’80% di tutta l’acqua utilizzata per il processo produttivo viene catturata e riutilizzata per produrre altro vapore.
I prodotti sono ovviamente riutilizzabili (entro 2mesi) e costano meno di un dollaro al pezzo (la confezione da 100 pezzi costa 70 $)! Più sostenibile di Verterra credo non esista ancora niente. Altre immagini Continua »
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giugno 27th, 2008 by Ivana
Avvenieristica e assolutamente fuori daglii standard. BMW GINA un concentrato di tecnologia “viva” che lascerà tutti senza fiato. Design mutevole, carrozzeria in tessuto e tante altre stupefacenti novità.
GINA è l’ultima incredibile creatura di casa BMW. Un’automobile che, personalmente, mi ha lasciato a bocca aperta. Quello che stupisce e lascia increduli è la sua carrozzeria. E’ infatti realizzata con un nuovo materiale superperformante, un nuovissimo tessuto con incredibili caratteristiche elastiche e lucenti. L’unica auto al mondo capace di cambiare forma.
Tutto questo grazie alla “pelle” che ricopre lo scheletro della nuova BMW (realizzato in fibra di carbonio e metallo). Un’auto concepita come un “abito” pronto a cambiar faccia a seconda delle esigenze dei proprietari. La struttura dell’auto, infatti, grazie a un sistema elettro-idraulico, può essere modificata, in tempo reale, quasi come nel film Trasformer! A seconda della velocità, ad esempio, la coda di GINA cambia aspetto; quando si accendono, i fari sembrano comparire dal nulla (guardatevi il video che è impressionante!), il motore e le porte si aprono in un modo mai visto, con effetti sorprendenti. Anche i sedili cambiano forma modificando, di volta in volta, le caratteristiche ergonomiche.
Una spider visionaria, che sembra avere un’anima. GINA (il nome deriva dall’acronimo Geometry and Function in “N” Adaptations) è un invito, rivolto ai designer e a chi desidera una BMW, a sbizzarrirsi con inedite forme e materiali.
A mio avviso la vera auto del futuro! Non perdetevi il video, vi verrà la pelle d’oca! Fatemi sapere;) Foto Continua »
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giugno 16th, 2008 by Ivana
Toscana, la prima regione italiana a rifiuti zero.
Dopo San Francisco, Los Angeles, San Jose-Silicon Valley, San Diego, Oakland, Seattle, Toronto, Canberra e tante altre città negli Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda anche l’Italia si affaccia alle nuove politiche sostenibili a RIFIUTI ZERO.
Siamo in Toscana, più precisamente a Capannori (Lucca), il primo comune italiano a rifiuti zero. Entro il 2020 Capannori riciclerà praticamente il 100% dei suoi rifiuti.
Alessio Ciacci, Assessore all’Ambiente di Capannori spiega come funziona il progetto. RIFIUTI ZERO sebbene sembri un progetto utopico è una realtà della provincia lucchese. Una realtà fortemente proiettata verso il futuro al fine di evitare una grave emergenza e, ovviamente, migliarare la vita di se stessi e del pianeta.
RIFIUTI ZERO significa molteplici cose. E’ prima di tutto raccolta differenziata spinta -porta a porta- (65% in estensione) che riesce ad arrivare a 26000 dei 45000 abitanti del comune.
Rifiuti zero è anche, e soprattutto, riduzione dei rifiuti. “Una filosofia di vita che tende al compostaggio domestico della frazione organica; alla distribuzione del latte alla spina per ridurre imballaggi e avere una filiera corta del latte fresco locale; all’eliminazione dell’acqua minere e degli imballaggi dalle mense scolastiche con accordi con grandi distributori ed istallazione di distributori alla spina di acqua (e anche di detersivi nel caso dei supermercati); agli accordi con i grandi gestori delle sagre estive al fine di limitare i prodotti usa e getta; a costruire politiche legate alla riduzione dei rifiuti“. Rifiuti Zero tende fortemente a ridurre la filiera e punta ad una partecipazione attiva e piena dei cittadini.
Obiettivo: eliminare inceneritori e discariche. Entro il 2020 il comune di Capannori si propone di superare l’80 % della raccolta differenziata e di ridurre i rifiuti anche nella parte indifferenziata (il 20% dei prodotti infifferenziati è composto da pannolini. Rifiuti zero promuoverà una politica di sensibilizzazione dedicata alle famiglie al fine di incentivare l’utilizzo di pannolini ecologici)
Vivere in un mondo più pulito non è poi un’impresa impossibile. L’importante è iniziare e Capannori mi sembra un ottimo esempio.
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giugno 5th, 2008 by Ivana
Wheelly, la ruota diventa un piccolo modulo abitativo.
Proprio pochi giorni fa ho parlato di Bedu, il bidone trasformabile in campo per emergenze; oggi vi ripropongo l’argomento social-design con un nuovo ed interessante progetto. E’ Wheelly il rifugio per i senzatetto.
Il gruppo Zo-Loft (abbiamo già parlato di questo gruppo di giovani designer italiani per il progetto Din-Ink, i tappi-posate, ricordate?) si ripropone con un sistema-rifugio. Una ruota per ripararsi, per proteggersi e per spostarsi, una ruota come status-symbol ma soprattutto una ruota come dimora intima e più dignitosa.
“Whelly è disegnato per colonizzare e vivere tutti i tipi di realtà urbana, da solo o connesso ad un altro modulo, così da poter creare rifugi multipli e colorati“. Un progetto sostenibile, basato sul sistema del cuscinetto a rullo, realizzato in gomma, alluminio e cartone pressato riciclabile al 100%. La corona interna è ritmicamente segnata da una sequenza di fori per permettere di appendere un sacco da 250 lt ed alcuni oggetti quotidiani. Grazie a due tende pieghevoli in poliestere, diventa un rifugio sicuro ed intimo, provvisto di uno spazio isolato dal terreno per dormire ed uno per poter stipare gli oggetti.
Agli estremi del carrello sono previsti due elementi circolari in gomma sui quali è possibile collocare loghi o marchi. Questa caratteristica permette di ridurre i costi di produzione del carrello o, addirittura, renderlo gratuito per tutti i senzatetto, diventando dei veicoli pubblicitari all’interno della città.
Wheelly, come tanti bei progetti, purtroppo vive solo sulla carta, ma sono certa susciterà presto il giusto interesse e magari troverà un “papà” finanziatore. Farebbe sicuramente la felicità di molte persone. A voi la parola. Immagini Continua »
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maggio 28th, 2008 by Ivana
Veil Solar Shade, vele solari per l’energia pulita.
Se vi dico Buro North cosa vi viene in mente? immagino niente… E se vi dico X-mas Tree?? Forse qualcuno ricorderà il suo alberello di natale. Un progetto ecologico, senza troppe pretese, ma carino.
Oggi ovviamente non vi parlo di X-mas tree (sarebbe assurdo visto che è già tempo di mare!) ma del suo ultimo progetto, Veil Solar Shade appunto.
Una superfice che evoca una vela e che, metaforicamente, vuole essere gonfiata da tanto sole. Il progetto è interessante dal punto di vista del design sostenibile, come buon esempio di progetto per catturare l’energia solare e allo stesso tempo riparare dal sole stesso; ma quello che più mi ha colpito è il messaggio che riesce a veicolare alle nuove generazioni.
Veil Solar Shade infatti è destinata alle scuole e sensibilizza i piccoli all’attento utilizzo delle energie alternative. La vela infatti può essere ruotata di 180°manualmente senza troppe difficoltà anche dai bambini ai quali, grazie ad alcuni led, viene comunicato se la vela è orienatata ed allineata perfettamente al sole così da accumulare al meglio tutta l’energia solare che poi verrà utilizzata per la scuola stessa.
Il progetto, finanziato dal governo inglese, sarà a breve realizzato e destinato a molte scuole per avvicinare i giovani studenti ad un utilizzo attento e responsabile delle energie solari. Le aspettiamo anche qui in Italia…(aspettiamo, aspettiamo!) Altre foto Continua »
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maggio 23rd, 2008 by Ivana
Bedu: il set di risposta rapida alle emergenze. Un barile da 200 litri pronto a trasformarsi in un esteso campo di emergenza.
Il barile progettato dal designer Toby McInnes, nasce alla luce di tutte le catastrofi naturali e stati d’emergenza che, purtroppo, mettono in ginocchio intere città, villaggi e popolazioni.
Maremoti, cicloni, fenomeni naturali, terremoti (non ultimo quello che ha travolto il Giappone) troppo spesso radono al suolo qualsiasi cosa incontrano lungo il loro devastante cammino.
Anche in questi casi il designer occupa un ruolo importantissimo. Dopo diversi concorsi di social design, moltissime menti si sono date da fare per progettare qualcosa di utile per la società. Tra tutti, probabilmente Bedu è uno dei progetti più interessanti.
Bedu è un sistema di emergenza, estremamente funzionale e concentrato in uno spazio ridottissimo. E’ la “borsa di Mary Poppins” (permettetemi il paragone) per le situazioni più critiche. Bedu, nello spazio di un barile, contiene tutto ciò che è necessario in situazioni di emergenza: una tenda, un deposito annesso, un telone cerato con sistemi fotovoltaici, un fornello multicarburante, un sistema di illuminazione, piccoli utensili, un kit medico, un sistema di filtraggio dell’acqua, un generatore, un pacco batteria e una radio di emergenza.
Un progetto eccellente che spero si trasformi presto in realtà. Altre immagini del progetto Continua »
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maggio 19th, 2008 by Ivana
Per tutti gli amanti del design, dei nuovi materiali, dell’architettura e del fashion design segnalo volentieri questo incontro previsto per il prossimo venerdì 23 Maggio presso il PAN –Palazzo delle Arti Napoli – Architettura, Design, Moda.
Tre pubblicazioni a confronto per un approccio più consapevole all’offerta didattica universitaria
Un convegno interessante, proposto dalla Facoltà di Architettura della Seconda Università di Napoli, per promuovere il design come attività transdisciplinare proiettata verso le tecnologie e i materiali più straordinari.
Al convegno interverranno tre docenti della Seconda Università di Napoli (facoltà di Architettura e Disegno Industriale), ognuno dei quali esporrà il proprio contributo di ricerca del progetto attraverso un volume:
Salvatore Cozzolino -architetto e designer- autore di “Visioni e Costruzioni”, prendendo spunto dagli affreschi giotteschi di Assisi, parlerà dell’attuale momento della professione dell’architetto, compresso tra l’esigenza di apparire e la necessità di ritrovare il senso della Responsabilità Sociale di Progetto.
Carla Langella -architetto- ha completato da poco “Hybrid Design”, commenterà le nuove frontiere del design biomimetico, con attenzione specifica alla sostenibilità ambientale dei prodotti.
Maria Antonietta Sbordone -architetto e designer- nel suo recente “Work Dress Design”, ha indagato il progetto di moda degli abiti da lavoro, svelerà le tecnologie avanzate e la ricerca sui materiali che sottendono alla realizzazione del fashion design, sempre meno frivola ideazione, sempre più incrocio complesso di discipline.
L’appuntamento è interessante anche come seminario di orientamento per gli studenti prossimi al diploma e rappresenta, in questo senso, un’ ottima palestra di idee e spunti per una futura carriera universitaria.
Appuntamento allora a Venerdì 23 Maggio ore 17,30 alla Sala PAN del Palazzo delle Arti di Napoli, via dei Mille, 60. Ragazzi non possiamo mancare.
Informazioni sui relatori Continua »
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