Cabbage Chair: Nendo Design colpisce ancora!
Una poltrona sostenibile, nata dagli scarti dell’industria dell’abbigliamento.
E’ l’ultima idea geniale dei designer nipponici Nendo, sempre attenti ai problemi ambientali e con progetti sempre innovativi e vincenti. L’ultima arrivata in casa Nendo è la poltrona Cabbage chair, nata per il XXI Century Man Exibition curato da Issey Miyake.
E’ proprio da quest’ultimo fashion designer che nasce la sfida accettata dai nipponici: quella di realizzare dagli scarti dell’abbigliamento un progetto di design. Per la realizzazione di tessuti a pieghe, infatti, vengono utilizzati particolari fogli di carta che dopo il processo vengono gettati, creando grosse quantità di rifiuti.
L’ingegno e la forte sensibilità progettuale, hanno stuzzicato Nendo Design a produrre questa poltrona eterea, semplice e sostenibile. La poltrona, all’inizio, si presenta come un cilindro di fogli arrotolati verticalmente l’uno sull’altro con un diametro adatto ad accogliere un corpo. Successivamente, i fogli vengono “sbucciati” a mò di banana e modellati a piacimento dell’utente fino a far letteralmente sbocciare la seduta.
Gli aspetti positivi e sostenibili di questa seduta sono molteplici. Prima di tutto è creata a partire da un materiale di scarto (e già questo è un fattore importantissimo) ma è importante sottolineare anche che per la creazione di Cabbage Chair non sono stati utilizzati nè elementi per irrigidire la struttura, nè colle, nè viti. La struttura a zig-zag dei fogli, infatti, regala una forte rigidezza di forma (aumentata dal trattamento resinico al quali i fogli vengono sottoposti) unitamente ad un effetto “cuscino” regalato dall’elasticità dei fogli piegati
Mi piace anche molto la possibilità di spedire la paltrona in forma cilindrica (ai clienti che lo richiedono). Questo non solo ha ricadute positive sul trasporto, in quanto l’ingombro della poltrona è minimo, ma coinvolge anche gli utenti nella creazione della loro poltrona, che sboccerà direttamente nelle loro case, rendendoli protagonisti di un’ esperienza memorabile.
La poltrona, così, unisce magistralmente sostenibilità, design dell’esperienza, caratteristiche fisiche e meccaniche di un materiale, eleganza ed elementi di design tipici delle culture orientali. Un progetto veramente interessante. Spero di trovarla al Salone!
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Scritto in Uncategorized | 28 Commenti »
aprile 3rd, 2008 at 20:29
wow bella! ma se si bagna?
aprile 4th, 2008 at 09:29
Si bella.. però non dà l’impressione di durare molto..
e si sporcherà in un attimo..
aprile 4th, 2008 at 09:38
Quando si crea una sedia si pensa prima all’ergonomia, poi alla funzione e poi al design. Qui ci si è dimenticati dell’apetto più importante.
aprile 4th, 2008 at 23:54
Guido ci sono mille sedie che nascono solo per design e a volte nemmeno, senza aspetti ergonomici nè funzionale potrei fare mille esempi!! invece di criticare leggiti le caratteristiche della seduta. La sedia Sacco allora? lì l’ergonomia non esiste eppure è un’icona di design. Se dovete fare dei commenti fateli con raziocinio!
aprile 5th, 2008 at 10:01
Il mio sarebbe un commento senza razziocinio?! Perchè ho detto che una sedia serve per sedersi e che quindi la sua ergonomia è una caratteristica imprescindibile?! No, Federica, no ci sto, io disegno sedie per professione, non faccio design per perder tempo. Certo che di esempi di cattivo design ne puoi trovare mille, anche di più. Per quanto riguarda la seduta Sacco sei molto fuori strada. Sacco ha ergonomia e funzione, serve a creare atmosfere conviviali, a predisporre al dialogo e all’amicizia, è comoda perchè si adatta al corpo di chi vi si siede, si sposta facilmente, è indistruttibile e adatta a qualsiasi ambiente. Per questo Sacco è un icona del design, mentre invece questo rotolo di stracci non lo sarà mai.
aprile 5th, 2008 at 20:47
Concordo con Guido.
aprile 7th, 2008 at 16:22
[...] pochi giorni fa ho parlato della sedia Cabbage, l’utima creazione Nendo Design. Facendo un giretto sul loro sito, sempre aggiornatissimo, ho [...]
aprile 9th, 2008 at 00:52
@ guido
prima di tutto modera i termini. Forse non ti sei mai seduto sulla sedia sacco, la più scomoda al mondo (Fantozzi testimonia). Se poi per te “predisporre al dialogo” significa stare quasi sdraiato, allora ti dò ragione. Per quanto riguarda la facilità di movimenti è ovvio che sia così, dentro c’è il polistirolo! A questo punto questa di Neno è più funzionale visto che è di carta. Se ti volevi sparare la posa che disegni sedie per professioni ok, l’hai fatto, complimenti, ma non stupisci nessuno. Sono i soliti commenti di chi pur di commentare deve sparare a zero sul lavoro degli altri. Vediamo che fai di bello tu! Vediamo i capolavori ergonomici! Ma per favore
aprile 9th, 2008 at 03:16
la seduta “sacco” rappresenta una icona non certo per la sua ergonomia, ma perchè è il simbolo di un nuovo modo di concepire spazi, arredamento e materiali per l’arredamento nel corso degli anni 60. Molte sedute o altri oggetti con alla base un Progetto, assecondando in alcuni casi l’aspetto più meramente funzionale, diventano lo specchio dei nostri tempi (la seduta sacco ad esempio è il simbolo della rivoluzione messa in moto dalle plastiche e dalla necessità di un arredamento dinamico): la cabbage chair a mio parere rispecchia la coscienza ambientale che si sta diffondendo negli animi più attenti alle dinamiche di produzione e smaltimento e strizza l’occhio alla necessità dell’utente finale di personalizzarsi gli oggetti per uscire dai canoni dell’omologazione industriale.
aprile 9th, 2008 at 10:03
Federica, non puoi venire a dirmi di moderare i termini dopo che hai iniziato tu a rispondere in maniera presuntuosamente offensiva. Io quando dico che faccio sedie per professione lo faccio per dire che forse ho più esperienza di molti che leggono questo blog e magari pur essendo usciti da delle scuole di design faticano a trovare lavoro in questo campo. Quando si collabora con un’ azienda che produce sedie allo scopo di venderle il fatto che una sedia sia bella serve a far si che un poternziale cliente sia invogliato a provarla, la provi e veda che oltre che bella è anche comoda. Allora il lavoro del designer consiste nel pensare la sedia, modellarla al computer, provare sul modello diversi manichini di corporatura diversa e disegnare le curve in maniera che si adattino al più largo campione possibile. A questo punto si fa un modello in schiuma, lo si prova, lo si fa provare a varie persone, si trovano i punti in cui è comoda e in cui no e si lima con la carta vetrata fino ad ottenere il risultato voluto. A questo punto si torna al PC e si modifica il modello e si prova di nuovo. Se si lavora bene si ottiene una sedia comoda, magari anche bella, che vende molto e fa contento il committente che ci chiamerà ancora. Questo vuol dire fare design per professione. E a nulla serve fare una sedia sostenibile se poi non viene venduta. Io non sparo a zero sul lavoro degli altri, so benissimo quello che dico. E di quella poltrona non ho detto nè che è brutta, nè che è troppo costosa, nè che è troppo delicata ecc., ho detto che ergonomicamente non è valida e su questo nessuno che usi la testa per ragionare può dirmi che sbaglio. E soprattutto nessuno che usi la testa per ragionare mi può dire che il mio è un commento senza raziocinio. Se tu il mestiere del designer non lo conosci cerca di ascoltare in silezio i pareri degli altri, anche se non li condividi. Nendo Design ha fatto quella sedia non perchè ce n’era bisogno o perchè vendendone milioni di pezzi faranno un sacco di soldi, ma solo per attirare l’attenzione su di se con un prodotto “sostenibile” perchè al giorno d’oggi è di moda. Quanto a Sacco, se un giorno ci incontriamo ti insegno come usarla.
aprile 9th, 2008 at 10:05
P.S. E’ inutile che mi rispondi perchè sta venendo fuori un teatrino stupido e del tutto improduttivo al qual non intendo più sottostare.
aprile 9th, 2008 at 11:55
Prima di tutto il teatrino l’hai messo in mezzo tu, facendo il saputello su come si fa una sedia (cosa che sa anche mia nipote!!) Comunque ho visto le tue “sedie”…..e preferisco non commentare proprio.
aprile 9th, 2008 at 12:44
@ Guido e Federica
non mi costringete a moderare i commenti ragazzi, non mi piace fare queste cose. Federica per favore moderati, non è una chat questa. Grazie
aprile 11th, 2008 at 17:06
Uelà.. come v’inc….te!!
aprile 28th, 2008 at 08:23
L’unica cosa che posso dire a mio parere è che mi sembra di aver già visto una seduta che segue questo concetto, appena mi ricordo il nome del progettista in questione lo riporterò…
aprile 28th, 2008 at 17:17
la mia impressione è che, non solo questa seduta è comoda, ma è anche geniale come tutti i progetti Nendo.
maggio 12th, 2008 at 18:49
Trovo che l’idea di riutilizzare lo scarto industriale per creare nuovi prodotti (al di là della “moda” ecosostenibile) sia un modo intelligente e creativo per minimizzare gli sprechi e gli sfridi delle lavorazioni. Credo che il mondo sia già pieno di SEDIE come di tanti altri oggetti, pressochè inutili e che si distinguono solo per caratteristiche formali più che ergonimiche.
L’abilità e la qualità di un designer si vede in progetti come questo che guardano al futuro e alla soluzione di problemi tangibili (riciclo e scarto)
luglio 17th, 2008 at 11:30
scusate da utente e consumatore non esperto dico che quella sedia è orrenda e scomoda e che questi signorotti vogliono solo farsi pubblicità con la storia dell ecosotenibile come detto prima , inventandosi sta specie di insalata bianca che ti viene il mal di schiena solo a guardarla , figurati quando la devi sfogliare appena arrivata…vabbè cmq credo sia piu un modello da esibizione che da produzione..allora ok. per federica: stai calmina, sei aggressiva inutilmente…
settembre 4th, 2008 at 10:33
ricorda la poltrona dei fratelli Campana fatta con gli scarti dei tessuti, il procedimento è simile.
settembre 24th, 2008 at 13:29
Beh l’idea è senza dubbio carina e come questa tante idee possono essere carine. Credo che l’errore dei nostri tempi è che si crea troppa confusione tra l’arte intesa come cosa fine a se stessa (vedi la pittura, la scultura, la fotografia ecc…)e l’arte creativa a servizio della collettività (visual design, industrial design ecc)Se l’arte creativa deve essere incanalata a creare qualcosa che deve anche avere un utile ed essere anche utilizzata allora non possiamo dimenticare, come diceva Guido, il sacrosanto rapporto estetica-funzionalità-costo! Se non esiste questa relazione allora credo che il designer abbia fallito.
dicembre 5th, 2008 at 20:45
molto tranquillamente esprimo il mio pensiero al proposito augurandomi di non prendere insulti di qc :
il fatto che l’oggetto possa piacere o non piacere è un aspetto del tutto soggettivo e di certo questo non è il primo nè sarà l’ultimo caso di design che farà per questo discutere.
Quello che invece mi preme sottolineare è come sia importante l’etica che può esserci dietro la realizzazione di un determinato oggetto, in questo caso la sensibilità per il problema ambientale e il riutilizzo dei materiali di scarto.
Del resto anche il “naming” utilizzato ha un effetto di “provocazione”, “cabbage” significa in poche parole “monnezza” e se Nendo avesse inteso “ingentilire” il messaggio l’avrebbe chiamata altrimenti, chessò “re-cycle” , l’intento è invece quello di provocare e dire chiaramente da che parte stare e in questo non credo vi siano dubbi. Poi certo occorre che al messaggio insito nel “brand” segua una coerenza, altrimenti l’effetto sarà di compromettere la credibilità dell’intero progetto o concept. Se per ipotesi la seduta dovesse davvero finire nella pattumiera dopo il primo uso…allora non si sarebbe fatto altro che aggiungere un ciclo di lavorazione agli scarti per poi farli finire nell’immondizia dopo essere passati attraverso il portafoglio di coloro che hanno aderito al progetto acquistando il prodotto e questo si…sarebbe imperdonabile.
aprile 10th, 2009 at 14:19
Guido, ho visto i tuoi lavori e non sono niente male. Ma per carità cambia al più presto la grafica del sito, ti prego. Rivedi il tutto in termini più sobri, più o meno colorati, o percorri un tema a tua scelta ma cambia la veste. Sei un caso di “prodotto discreto in una confezione inadeguata”. (Comunque la suddetta sedia da sfogliare ha solo valore “sostenibile” e null’altro. Federica dovrebbe ampliare un po’ le sue vedute sul Design).
Ciao. Enrico, designer.
giugno 29th, 2009 at 02:00
Scusate , sareste in grado di soddisfare la curiosità di una persona che non sa nemmeno prendere in mano una matita ma che passa buona parte della giornata (anche al lavoro) su una sedia? Dove ci si siede in questa Cabbage? Dalle immagini non riesco proprio a capirlo.
settembre 14th, 2009 at 15:13
[...] di nuovi materiali, è il caso di Polar Table, ai progetti creati con scarti industriali, come Cabbage Chair, ma anche ai progetti di food design come Chocolate Pencil. Ma i loro lavori non si fermano certo a [...]
aprile 27th, 2010 at 15:34
[...] le sedute si Starck realizzate in collaborazione con Moschino, la libreria Sundial del gruppo Nendo, il portariviste Front Page del gruppo Front e la sedia Masters sempre di Starck che mi ha lasciato [...]
novembre 3rd, 2010 at 22:52
A Guido sapientone!!! Ha ragione Federica(come molti altri)…..a volte anche le sedie hanno bisogno di essere rese unicne nel loro design,non soltanto comode ed ergonomiche!!! Quelle che disegni tu le trovo all’Iper o al massimo al mercatone Uno ,quelle di Nendo no….
dicembre 6th, 2010 at 16:41
“Esistono piu sedie che culi”
cit. Bruno Munari….non proprio l’ultimo arrivato.
aprile 4th, 2012 at 14:10
[...] produzione dei Nendo – il nome significa in giapponese l’argilla utilizzata dai bimbi – è caratterizzata da [...]